Dopo una intensa settimana di lavoro nei jardim, finalmente qualche giorno di riposo. Anche a Maio è venuto il Carnevale e per tre giorni le scuole sono state chiuse. Martedì pomeriggio ci siamo buttati tra la folla festante.
Alle quattro la strada principale di Vila si è animata. Sono arrivati dai paesi vicini i camioncini stracarichi. Ne sono scesi adulti e bambini accennando passi di danza e cantando ritmi con gridolini acuti. Una banda di otto, dieci ragazzotti si è presentata con improbabili travestimenti fatti in casa, uno vestito da donna con abito lungo leopardato e tacchi a spillo, un altro con un completo doppiopetto da cerimonia ma ai piedi calzava una scarpa nera e una bianca. C'era la barba nera di Bin Laden con caffetano lungo fino ai piedi. C'era un personaggio lungo e magro con pantaloni arancione e giacca di seta verde con in testa una paglietta da colonialista in vacanza.
Scesi dal camion non hanno fatto niente. Si sono semplicemente messi in riga, quattro davanti e quattro dietro. Si sono messi in marcia con passi cadenzati sfilando tra la gente che rideva di gusto.
Anche i bambini avevano improvvisato il loro mascheramento. Tolti cinque o sei uomini-ragno in costume di ragnatela e uno Zorro con la spada argentata, tutti gli altri si sono procurati qualche travestimento casalingo: una maschera da vecchio in cartone ritagliato, un casco da motociclista, occhi bocche e nasi dipinti con il rimmel. Le bambine avevano in testa delle farfalline a raggera che si muovevano al vento. Nessun bambino mostrava quella violenza gratuita, fatta di manganellate alle ragazze, con quegli orribili randelli di plastica come da noi. Semplicemente si beavano del proprio travestimento, si muovevano a ritmo e ciucciavano i lecca lecca.
Le mamme tenevano in collo o a mano i loro piccolini. Ce n'era uno vestito da Paperino con i piedi palmati. Un Paperino nero. Un altro era vestito da giudice, o da laureato, con il cappello quadrato e il tocco. Tra la gente si aggirava anche la venditrice di marmellata appiccicosa che stava dentro un contenitore di plastica in bilico sulla testa. Quando si presentava un acquirente, la donna pescava con un bicchiere di plastica nella pasta melmosa e ne estraeva una porzione.
Poi sono arrivati i carri da Morro e Calieta. Il primo sembrava ispirarsi all'idea di un re e regina di carnevale. Due bei ragazzi (lui in abito bianco da cerimonia, lei con un vestitino di organza da prima comunione) stavano sulla tolda e salutavano. Dietro c'era un mondo in cartapesta che girava su un perno. Il re e la regina avevano una corona dorata di cartone e una sciarpa argentata a tracolla. Il carro era preceduto e seguito da adolescenti in costume. Schierate come majorettes si muovevano a ritmo, un passo a destra, uno a sinistra, uno in avanti, tra battiti di mani e il canto di una strofetta tipo “Viva viva il Carnevale...”. Mi hanno ricordato i famosi carnevali brasiliani, quello di Rio, ma in formato più casalingo. Ma quante sono queste adolescenti di Maio!
A un certo punto si è fatto largo tra la folla un corteo funebre di gente in lutto che seguiva una bara nera di cartone dipinto. Le prefiche gemevano e piangevano. Un ragazzo vestito da prete ha tenuto un discorso in creolo che ha fatto sbellicare dalle risa tutti i presenti. Intanto una donna vestita di verde traforato ballava tutta sola in mezzo alla strada. Si era imbottita il didietro come una massaia rurale. A un certo punto, sempre ballando da sola, ha rotto un sandalo ed è sparita. E' riapparsa dopo pochi minuti calzando due incredibili scarpette rosse. Poco lontano uno vestito da calciatore giocherellava con un pallone senza farlo cadere, come un giocoliere da circo, con la sfera in bilico sulla testa o sulla schiena. Ha avuto un grande successo.
Poi sono comparsi i carri di Calieta (che alla fine vinceranno i premi in palio). Il primo ospitava una ambientazione antica: all'ombra di striminziti arbusti le contadine stiravano con un vecchio ferro a carbone, rimestolavano in una vecchia pentola, preparavano una pastasfoglia mentre un contadino mungeva una capra viva che se ne stava impassibile sul carro brucando tutto ciò che era possibile.
Il secondo carro inalberava una donna-sirena tra due delfini di cartapesta. E subito dopo c'era il carro dei pescatori del tempo antico. Uno stava a prua e scrutava l'orizzonte con un cannocchiale, un altro pescava con la lenza un pesce di cartone che poi tramortiva con un randello, un terzo tentava di avviare un vecchio motore fuoribordo e poi estraeva due remi stravecchi. Il tutto preceduto e seguito da frotte di ragazzi e ragazze che si muovevano al ritmo di strumenti rustici costituiti da lattine di olio, tonno o fagioli. L'atmosfera si è riscaldata sempre di più mentre cominciava a farsi buio. I vincitori si accalcavano sotto il terrazzo della giuria e tutti ballavano al ritmo delle lattine. Così finiva la festa. La gente a poco a poco si è ritirata e i protagonisti se ne sono tornati ai loro paesi sui camioncini stipati all'inverosimile. Ma tutti continuavano a cantare e a muoversi a ritmo, in piedi sui pianali.
Così il carnevale finisce ed è già Quaresima. E' tempo di preparare i materiali per i prossimi incontri negli asili e con le monitoras.
Sem
1 Comments:
ehi...mi racomando, io mi sono persa qualche pezzo, ma vi penso spesso...
e grazie per questi racconti sempre emozionanti.
spero siate felici.
un abbraccio
alice
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