Oramai sono già dieci giorni che ho lasciato Maio dopo aver posticipato la partenza di quasi due settimane, forse solo per paura di viverla, e dopo aver rischiato di posticiparla oltremodo a causa della brutta esperienza della Musteru affondata davvero una settimana prima nel tratto Santiago-Fogo (come la Barlavento incagliata, ma anche questa volta senza alcun danno per le persone..).
Insomma nonostante l'ulteriore vuoto lasciato a Maio dalle barche, lunedì mattina alle 10 un barchino ci ha portati verso casa.
Non posso e non voglio scrivere le mille sensazioni che ho vissuto da quel momento ad oggi. Ho cercato di tenerle per me e ho voluto vivere l'impatto con l'Italia da sola, affidandomi alla puntualità del servizio navetta che collega il centro di Milano con l'aeroporto. Tra sensazioni di disorientamento e di soffocamento, tra la radio del bus che ricordava ultimo singolo di non so chi e il solito motivetto di Ligabue, ho avuto la fortuna di essermi seduta davanti ad una piccola famiglia che aveva qualcosa di familiare: nelle loro voci, nei loro accenti, nei loro tratti capoverdiani. Inevitabile il contatto, le domande, inevitabile il piacere di sentire il loro criolo finché il traffico di Milano ci ha completamente travolto.
Ora è così strano scrivere qui, nella mia stanza, con il sottofondo di macchine nella strada e con la televisione accesa in cucina. Mi manca la veranda della mia vecchia casa a Vila, mi manca quella silenziosa e lunga strada con i lampioni che la illuminavano di una calda luce gialla, mi manca la vista del porto e il veder arrivare e partire barche piccole e grandi, barche di carico o con passeggeri. Mi mancano i carri stracolmi di studenti in settimana e di tifosi la domenica, mi manca il sapore delle pastel, della papaia e del pane caldo artigianale con la manteiga di terra e mi mancano incredibilmente i momenti di intensa e silenziosa tranquillità delle prime ore del pomeriggio. Mi manca la luce accecante e il vento che immancabilmente faceva sbattere finestre e porte. Rimane, e non so se dire per fortuna, il vuoto che sento per essermi divisa da alcune persone di quella piccola isola nell'Oceano.
Dovrei ora ringraziare, dovrei ufficializzare la fine della mia presenza a Maio: giuro che non avrei detto sarebbe stato così difficile. Ho trascorso quattro mesi e fino ad una settimana prima della partenza ho avuto sempre la sensazione che avrei avuto tempo per i saluti, i ringraziamenti e le ultime volte di ogni cosa. Ad un certo punto però mi è sfuggito tutto di mano, le ore correvano e rimaneva sempre meno tempo da dedicare a questo momento così delicato. Oggi mi sembra di non aver fatto molte cose laggiù e di essermene andata di corsa..ma forse è vero che mai sarei riuscita a sentirmi pronta nel partire.
Ringrazio chi mi ha dato la possibilità di far parte di questo importante progetto.
Ringrazio chi ha risposto alle mie innumerevoli pergunte con piacere e con un sorriso.
Ringrazio chi ha saputo volermi bene e chi non mi ha fatto mai sentire sola; chi mi ha dato fiducia e chi non ha mai dubitato in me.
Ringrazio Sem e Lorena che mi hanno talvolta sopportato e supportato e dico loro che mai dimentico i momenti della partenza e del viaggio di gennaio e i primi due intensi mesi di totale condivisione di sensazioni, di curiosità, di risate e fiducia reciproca.
Non dimentico chi era al porto per me quel confuso lunedì mattina e non dimentico chi diceva che sarebbe stato difficile esserci. Tengo nel cuore i loro “Vai con Deus” e gli “Adeus”, tengo stretto dentro di me gli ultimi sguardi di addii, le ultime parole, gli ultimi gesti. Cerco di non staccarmi ancora dalle foto e dai video e lascio l'ora di Maio nell'orologio, per sentirmi ancora un po' vicina a quella realtà così lontana.
Grazie anche a chi mi ha aspettato qui così impazientemente e a chi ha curiosità ed entusiasmo di condividere questa mia esperienza.
Ricordo tutti i bambini, tutti questi splendidi occhi, voci, carezze e sorrisi che sanno essere e sanno dare senza voler nulla in cambio. Qui per la prima volta sono riuscita a viverli e a ridere con loro e per la prima volta mi hanno fatto immaginare mamma.
Sono felice, ma incredibilmente anche triste, per tutto quello che sono riuscita a vivere, per tutto quello che ho imparato, che ho visto e che porto solo dentro di me.
Francesca